Alla Rai quel che è della Rai Dall’Unità di oggi.La sottrazione alla Rai dei 150 milioni dei proventi del canone operata dal Governo con il decreto legge n.66 del 2014, ha aperto un dibattito enorme sulla stampa italiana intorno al servizio pubblico, alla sua funzione e alla sua riforma.
Un ulteriore amplificazione di questo dibattito è stata prodotta dall’annuncio di uno sciopero dei lavoratori per il giorno 13 giugno ed ora revocato. Dico subito che non mi sarei comunque misurato né sull’opportunità, né tanto meno sulla legittimità di questo sciopero, perché mi pare che il tema dovesse essere comunque circoscritto alle parti in causa.
Sui 150 milioni e soprattutto sul modo in cui sono stati prelevati (con effetto immediato e ad esercizio in corso) ho invece qualcosa da dire con accenti simili a quelli usati dal direttore generale dell’Unione europea delle radiotelevisioni pubbliche e indirizzati al Presidente Napolitano, proprio in questi giorni.
Sono convinto che incidere in questo modo, anche se per sacrosante ragioni di bilancio, sulle risorse del servizio pubblico radiotelevisivo sia in contrasto con i nostri principi costituzionali ed anche con quelli europei (art.10 Cedu e art.11 Carta di Nizza).
Il principio dell’indipendenza economica della RAI servizio pubblico radiotelevisivo costituisce uno dei pilastri della configurazione dei servizi pubblici secondo le regole europee, a cominciare dal Trattato di Amsterdam del 1997, e secondo i principi più volte ribaditi dalla nostra Corte costituzionale, a partire dalla famosissima sent. n.225 del 1974 per arrivare alla sent. n.284 del 2002, proprio in materia di canone.