Note per il Convegno del 14 novembre 2005 sulla RAI di Milano.
1. Vorrei fare due premesse a questa mia nota.
Prima premessa. Sono note a tutti le carenze istituzionali, strutturali e organizzative della sede Rai di Milano; è altrettanto noto il potenziale ideativo che si sviluppa nel e attorno al capoluogo lombardo; sono noti i tentativi fatti attraverso gli anni di dare una risposta più o meno strategica a questa situazione: dal periodo aureo della Sede di Milano, alla partenza della Terza Rete, all'istituzione del telegiornale delle ore 12 ed infine al trasferimento a Milano della Direzione di RAI DUE.
Nessuno di questi interventi ha sortito un effetto concreto: si può dunque dire senza difficoltà che oggi più che mai esiste una questione milano o potremmo anche dire un'emergenza Milano nella geografia dei problemi della RAI.
Credo che le idee che verranno fuori da questo incontro insieme alle altre che emergeranno da incontri già programmati dalle forze politiche e sociali di Milano nel quadro dell'Unione andranno certamente ad arricchire anche il quaderno di proposte che il candidato sindaco, dott. Bruno Ferrante, scriverà durante la sua campagna elettorale.
2. La seconda premessa è costituita dal disegno nazionale che si intende proporre. Qualunque ipotesi di riorganizzazione della presenza a Milano della RAI non potrà prescindere da un quadro nazionale. L'Unione dovrà indicare anche normativamente questa cornice. Prima dell'estate, nel corso di un convegno nazionale ideato da Paolo Gentiloni, la Margherita, ha offerto un suo contributo che oggi può leggersi in un volume che porta il titolo del convegno Vizi privati o pubbliche virtù?.
Le linee essenziali di quel progetto abbandonano nettamente l'idea di privatizzazione impostata dal centrodestra e ormai vistosamente abbandonata e la RAI nel suo complesso dovrà configurarsi sempre di più come una holding comprendente al suo interno diverse società corrispondenti alle diverse vocazioni del servizio pubblico.
Nel settore editoriale dovrà innanzitutto separarsi la parte finanziata dal canone da quella finanziata dalla pubblicità. La prima società dovrà comprendere due reti (in ipotesi la prima e la terza). La seconda società potrà muoversi sul mercato con le stesse regole dei privati controllerà la rete restante della RAI e potrà prevedere l'ingresso di privati nella proprietà secondo una cadenza temporale che farebbe scendere l'azionista pubblico al di sotto del 50 per cento entro due o tre anni.
Accanto alle società editoriali opereranno altre società a capitale totalmente pubblico o a capitale misto. Le già esistenti Sipra, RaiTrade, Rai Way, Rai Cinema, Rai Sat e domani altre ancora. Ricordo che secondo la legislazione vigente la RAI potrà cedere rami di azienda a partire dalla fine di quest'anno.
La RAI che si è vista sopravanzare da Mediaset sul terreno del digitale terrestre dovrà essere stimolata a riprendere un ruolo centrale e contribuire ad esaltare questa prospettiva che è stata brutalmente interrotta quando l'improvvido blocco del Ministro Gasparri, ha impedito uno dei più vantaggiosi accordi di carattere strategico (Rai Way) in questo campo.
Per potenziare la strategia di sviluppo del digitale terrestre si deve andare oltre alle concessioni benefiche sui decoder (in gran parti prodotti da aziende vicine al Presidente del Consiglio) e puntare diritti sulla liberalizzazione del mercato e sul potenziamento del ruolo dei produttori indipendenti.
3. Una proposta per Milano. In questo quadro societario più articolato della RAI e in questa prospettiva rafforzata del digitale terrestre che consentirà di disporre di nuove risorse di trasmissione è possibile rivisitare una mia antica proposta che prevedeva la costituzione in alcune realtà del paese di società miste a capitale pubblico privato finalizzate alla produzione radiotelevisiva.
Quella proposta oggi dovrebbe essere ampiamente rivisitata nel nuovo quadro dell'integrazione digitale che offre opportunità nuove ed estremamente interessanti non solo sul piano del prodotto ma anche su quello delle possibili alleanze. L'obiettivo resta inalterato ed è quello di offrire ad una realtà come quella lombarda di potersi esprimere più adeguatamente nel panorama nazionale ed anche internazionale della comunicazione.
Una società di questo tipo si potrebbe definire, riprendendo il titolo di una fortunata trasmissione di Gad Lerner, RAI Milano- Italia e forse oggi anche Europa.
4. Le condizioni di fattibilità non sono semplici ed alcune dovranno essere approfondite con una verifica non solo interna ma soprattutto esterna alla RAI
Prima: un patto con ROMA. Questa verifica è tutta politica e deve essere condotta con interlocutori adeguati. Oggi ne abbiamo uno. La realtà e lo sviluppo della televisione pubblica nel nostro paese deve e dovrà essere connotato in chiave esclusivamente romana?
Seconda: un patto con la RAI. Visto che la RAI possiede sempre meno risorse da dedicare a quella che una volta veniva definita la regionalizzazione dovremo assistere ad un progressivo ed ineluttabile depauperamento delle realtà decentrate ed in particolare dei centri di produzione o si potrà invertre questo processo? Lo si potrà invertire se la RAI consentirà di mettere sul tavolo di una trattativa con soggetti esterni una parte delle sue risorse patrimoniali e professionali per costituire una società nella quale mantenere una presenza azionaria e con la quale stabilire accordi privilegiati per l'uso di una rete digitale e del magazzino programmi. I progetti immobiliari già avviati e con un rilevante impegno di natura economica da parte della RAI di Roma potrebbero essere opportunamente tarati su questa prospettiva.
Terza: un patto con realtà esterne affini. Si dovranno verificare i possibili alleati di una tale iniziativa a partire da quelli che operano in settori affini della produzione radiotelevisiva (anche altre emittenti radiotelevisive regionali o interregionali) e dei produttori indipendenti. Gli stessi soggetti operanti nel settore ricchissimo a Milano delle testate editoriali potrebbero mostrare un significativointeresse.
Quarta: un patto con realtà istituzionali vicine (fino al Piemonte e alla Liguria). Un'iniziativa di questo genere non può non chiamare al tavolo della verifica i soggetti istituzionali operanti negli ambiti territoriali di riferimento: in primo luogo, Comune, Provincia e Regione. Una tale ipotesi potrebbe agevolmente e metodologicamente essere verificata anche con soggetti delle Regioni contigue e non distanti territorialmente. Non si deve dimenticare che un asse Milano-Torino-Genova potrebbe essere di assoluto interesse strategico ed industriale.
Quinta: un patto con realtà culturali e sociali interessate. Continuando a ragionare su Milano, ma il discorso potrebbe essere agevolmente significativamente esteso, non si può non partire dalla Scala e dal Piccolo e dalle otto Università lombarde per comprendere gli altri teatri, scuole e realtà di eccellenza collegate al mondo dell'audiovisivo in questa terra. Quanti collegamenti potrebbero essere progettati costruttivamente.
Sesta: un patto decisivo con le realta' economiche interessate. Questa condizione è forse la più importante di tutte. Un'idea di questa natura per diventare un serio progetto ha bisogno di una concreta verifica di ordine giuridico e, soprattutto, imprenditoriale. Non è neppure il caso di ripetere quante e quali possano essere gli interlocutori possibili in una realtà come quella lombarda, a cominciare da coloro che operano in settori affini per arrivare alle banche o alle fondazioni.
Settima: un tempo ragionevole di verifica della fattibilità. Un esito estremamente positivo del convegno di oggi che precede analoghe iniziative già programmate nel perimetro dell'Unione, potrebbe essere quello di avviare in collegamento con il cantiere, un tavolo tecnico di approfondimento e di verifica di questa idea. Se la verifica fornisse dei risultati incoraggianti si potrebbe pensare di avere entro la fine di febbraio una proposta operativa da offrire alla città.
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