La doppia priorità della Costituzione e dell'informazione

Questa è la stagione dei programmi e soprattutto delle priorità all'interno dei programmi. Le due lesioni più gravi che in questi anni il Governo e la maggioranza hanno arrecato al paese sono state quelle che hanno colpito la Carta costituzionale e la libertà dell'informazione: le violazioni palesi e le non meno gravi violazioni inferte alla Costituzione materiale.
Il programma, quindi, dovrebbe essere accompagnato da una premessa molto chiara che tenda a ripristinare innanzitutto la legalità costituzionale e le garanzie dell'informazione. Il primo impegno troverà un'occasione istituzionale per concretizzarsi nel referendum previsto dall'art.138 Cost. Il secondo impegno ha un contenuto pregiudiziale rispetto alle altre questioni programmatiche perché lo stravolgimento dei principi in materia di informazione ha assunto proporzioni enormi ed ha eluso clamorosamente il contenuto dell'unico messaggio che Ciampi ha inviato alle Camere nell'intero suo settennato. Farne una questione pregiudiziale è anche una manifestazione di rispetto verso un fermo impegno del Presidente.
Ma è giusto non limitarsi ad una pura petizione di principio ed accompagnarla con alcune priorità di politica legislativa: i punti di una ideale Carta che l'associazione “Articolo 21” proporrà all'intero mondo della comunicazione.
La prima priorità è la risoluzione netta del conflitto di interessi.. La pregiudiziale tra le pregiudiziali. Essa lega il tema dell'informazione alla più vasta questione dell'etica della politica. L'obiettivo essenziale è quello di impedire in modo assoluto l'incrocio tra cariche di governo e titolarità a qualsiasi titolo di mezzi di informazione ed in particolare dei mezzi radiotelevisivi in posizione dominante. Si dovranno disporre incompatibilità in via generale e ineleggibilità nei casi più gravi.
La questione non è limitata al settore privato ma si estende anche al servizio pubblico. I criteri di nomina dovranno essere tali da impedire in modo assoluto che i vertici della Rai possano discendere in modo diretto o indiretto dal Governo della Repubblica.
La seconda priorità: tutela del pluralismo ed appropriate regole antitrust. La tutela del pluralismo impone alle imprese limiti antitrust ex ante e non solo ex post (abuso). Deve essere ripristinato, in luogo dell'evanescente limite del SIC, il limite anticoncentrazione del 30 per cento del mercato radiotelevisivo. Il tetto economico è il più efficace anche nella prospettiva digitale. Dal punto di vista tecnico dovrà essere ribadito un appropriato limite al numero delle reti/frequenze e insieme il principio che le frequenze costituiscono un bene pubblico: quindi le frequenze rese disponibili, sulla base del piano, andranno rimesse sul mercato. Potranno essere indicati criteri antitrust asimmetrici per l'ingresso in mercati contigui (es. telefonia e tv, tv ed editoria). Il limite del 2010 per l'acquisizione di quotidiani dovrebbe essere prorogato. In materia di pubblicità radiotelevisiva si devono dettare regole più stringenti e precise a tutela della stampa e degli utenti con diversi affollamenti sulle diverse piattaforme. Le telepromozioni devono tornare ad essere considerate a pieno titolo pubblicità. Le competenze dell'AGCOM devono assolutamente essere rafforzate non solo in materia di concorrenza e di pluralismo, ma anche nel controllo della pubblicità, degli ascolti, delle presenze politiche e del rispetto degli obblighi di produzione europei.
La terza priorità: separazione tra titolari di reti e produttori dei contenuti. Centralità dei contenuti. Le regole europee impongono non solo la separazione societaria, ma anche quella proprietaria tra titolari di reti e produttori di contenuti. Questo principio deve trovare attuazione nella realtà delle telecomunicazioni e in quella della televisione. Questa è la premessa di una disciplina che consideri strategica la priorità dei contenuti e la tutela dei produttori indipendenti. Il primo obiettivo deve essere quello di potenziare le misure di sostegno allo sviluppo delle diverse filiere digitali (in alternativa al semplice e demagogico finanziamento dei decoder dtt). Il secondo obiettivo è quello di spostare il baricentro del sistema di finanziamento sia pubblico che privato dalla costruzione delle reti alla produzione di contenuti.
La quarta priorità: governo “accessibile” delle tecnologie. La linea politica generale deve essere quella del potenziamento e dello sviluppo della tecnologia digitale. Gli incentivi proposti devono essere neutrali rispetto alla tecnologia e al tipo di rete. Dovrà essere incentivata, in modo particolare la neutralità tecnologica (“interoperabilità”) dei decoder. E' impensabile, soprattutto in presenza di un soggetto dominante, che il decoder non consenta l'accesso ai canali “free”
Non si intende assolutamente eliminare, con queste misure, il sostegno alla introduzione delle varie tecnologie diffusive. Ci deve essere, però, equivalenza tra le diverse le forme di diffusione digitale e la materia deve essere oggetto di una politica di sviluppo industriale da parte del Governo. Si deve prevedere comunque l'obbligo per i canali integrati verticalmente con operatori di piattaforma di negoziare il trasporto con tutte le piattaforme alternative a condizioni eque e non discriminatorie. Va previsto l'obbligo per i gestori di rete e di piattaforma di veicolare a condizioni eque l'offerta degli editori. Si deve assicurare l'acquisto separato dei diritti per piattaforma e prevedere il divieto per un operatore di acquistare i diritti anche per piattaforme su cui non opera. Deve essere infine stabilita una limitazione temporale all'acquisto dei diritti da parte delle emittenti.
La quinta priorità: un servizio pubblico indipendente aperto e plurale. La prima scelta consiste nell'attuazione del disegno di separazione societaria, delineata della delibera dell'Antitrust, attraverso la costituzione di due distinte società: una o più società finanziate dal canone ed una società finanziata dalla pubblicità. Questo modello è compatibile con una fondazione o con una holding (capogruppo) a capitale prevalentemente pubblico e società operative a capitale variamente misto ad eccezione di quelle finanziate interamente o prevalentemente dal canone. La società pubblica con compiti informativi, culturali, industriali, di internazionalizzazione attiva potrà detenere nei limiti dell'antitrust, reti televisive generaliste, reti radiofoniche e potrà continuare a svilupparsi nel settore del digitale terrestre, satellitare e dei new media. Potrà realizzare il decentramento regionale anche attraverso forme miste di collaborazione sul territorio. La società finanziata dalla pubblicità potrà aprirsi alla partecipazione privata. Il modello di governo della legge Gasparri deve essere superato. Il criterio di scelta può essere simile a quello delle Autorità indipendenti con un numero ridotto di componenti ed un livello di requisiti tecnici che impediscano la meccanica derivazione parlamentare. Se poi volessimo realmente interrompere il rapporto di dipendenza dalla politica potremmo inserire una presenza/rappresentanza della comunità dei dipendenti o degli operatori nello spirito dell'art.43 della Costituzione. In ogni caso il presidente potrà essere garantito attraverso una maggioranza qualificata.
Queste sono solo alcune proposte, non certo esaustive, ma che hanno il senso di indicare una possibile direzione di marcia.

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