Ieri Berlusconi ha elogiato Cossiga il picconatore. Viene alla memoria il documento che 51 giuristi sottoscrissero nel 1991…
Quei 51 giuristi che insorsero contro il Picconatore (dal Corriere della Sera del 30 giugno 1995)
Erano decisi, erano forti, erano in cinquantuno. I piu’ bei nomi del diritto costituzionale universitario, quel mattino del 3 dicembre del 1991, marciarono uniti contro Cossiga. In ordine alfabetico, aperto dal fiorentino Umberto Allegretti e chiuso dal torinese Gustavo Zagrebelsky, denunciarono una “rilevante alterazione del ruolo del presidente della Repubblica”. Il grido d’ allarme associato a quell’ appello risuono’ addirittura inquietante per le sorti della democrazia: “Fermate il presidente, sta andando oltre i limiti”. Che cos’ era avvenuto nel clima drammatico di quei giorni, mentre parallelamente si sfaldavano la Prima Repubblica in Italia e, oltre l’ ex cortina di ferro, l’ Urss? I magistrati italiani, facendo quadrato attorno alle prerogative del Csm, erano scesi in sciopero, provocando la dura reazione del Quirinale. Il documento dei costituzionalisti prendeva le cose alla lontana, premettendo che le imprese di Cossiga il Picconatore si “sovrapponevano ai molti e gravi problemi che travagliano la Repubblica, dal disavanzo pubblico alla criminalita’ organizzata, dalla inefficienza delle istituzioni e della pubblica amministrazione alla corruzione di amministratori e politici”. Esaurito il preambolo, i giuristi sparavano a palle incatenate contro Cossiga. E chiedevano un intervento degli altri organi costituzionali perche’ al presidente venisse imposto un altola’ su sei punti. Personalita’ di formazione e orientamento diversi, come Barile, Bassanini, Manzella, Onida, Trimarchi, Zaccaria, ricordavano che il presidente della Repubblica: 1) non puo’ schierarsi ne’ a favore ne’ contro una parte politica 2) non puo’ usare espressioni insultanti, additando al disprezzo singoli uomini politici o cittadini 3) non puo’ prospettare ipotesi di autosospensione o di supplenza 4) non puo’ sottoporre a generici attacchi denigratori organi di rilievo costituzionale come il Csm 4) non puo’ minacciare un uso di poteri che costituisca strumento improprio di pressione o di lotta politica 5) non puo’ utilizzare il servizio pubblico radiotelevisivo per diffondere opinioni di parte, con una intensita’ di presenza sconosciuta a qualsiasi altra esperienza di governo parlamentare 6) non puo’ delegittimare le istituzioni vigenti, adoperandosi per l’ instaurazione di un diverso ordine costituzionale. Era necessario agire subito, sollecitavano i 51 giuristi, per impedire che i comportamenti di Cossiga si consolidassero come precedenti, “che modificherebbero di fatto la portata delle norme vigenti”. Quel giorno di dicembre va ricordato come il momento piu’ duro dello scontro fra il presidente picconatore e i suoi critici. Del resto, la parola non pronunciata esplicitamente nell’ appello era risuonata alta e chiara fra i parlamentari del Pds: “impeachment”, messa in stato d’ accusa del presidente. Poi, si sa, la storia ha avuto una diversa evoluzione. Tra i piu’ duri fra i costituzionalisti pronti a contestare ci fu l’ ex presidente della Corte Costituzionale, Leonetto Amadei, il quale in quel fatidico 1991 non pote’ sopportare soprattutto le ipotesi presidenzialiste di Cossiga. Poi, certo trascinato dal clima rovente del suo uditorio (il congresso dell’ Associazione nazionale partigiani), mise da parte le cautele affermando: “Siamo in presenza di un vero e proprio attacco alla Costituzione e di un assalto infingardo all’ articolo 138, sulle regole per modificarla. Scardinare quell’ articolo . avverti’ . puo’ portare a quello che successe allo Statuto albertino con il fascismo”. L’ ombra di un nuovo autoritarismo si ripresento’ piu’ volte durante gli scontri tra Cossiga e i suoi “contropicconatori”. Quando il presidente convoco’ al Quirinale generali, ammiragli e prefetti per realizzare un piano in favore dell’ ordine pubblico, Franco Bassanini parlo’ di “attentato alla Costituzione” e di “golpe strisciante”. Anche Stefano Passigli non fu tenero sulla formula adottata da Cossiga a proposito del suo potere di scioglimento delle Camere: “Tale potere e’ pensato solo per l’ ipotesi di un Parlamento impotente ad esprimere una maggioranza di governo e non anche nel caso di un Parlamento di cui il presidente non condivida l’ operato legislativo”. Paolo Barile preciso’ che il presidente ricopre un ruolo di “commissario alle crisi, ed entra in funzione solo una volta che l’ esecutivo, spontaneamente, abbia rassegnato le dimissioni”. Non parliamo poi della faccenda di Gladio e della P2, a proposito delle quali ancora Passigli rilevo’ : “Cossiga si pone obiettivamente su una linea diversa da quella espressa dal Parlamento, rischiando di aprire un nuovo fronte conflittuale con uno dei poteri fondamentali dello Stato”. Ma forse la palma del piu’ duro “contropicconatore” del presidente andrebbe assegnata a Oscar Luigi Scalfaro. (Fertilio Dario)