2611396La decisione del Presidente del Senato, Pietro Grasso, di incaricare l’avvocatura dello Stato di costituire il Senato della Repubblica quale parte civile nel processo sulla c.d. “compravendita di senatori” del prossimo 11 febbraio presso il Tribunale di Napoli è ineccepibile.
Il Presidente ha esercitato una sua prerogativa in base all’art.8 del Regolamento del Senato che gli attribuisce la rappresentanza dell’organo con l’amplissimo significato che questa funzione comporta.
Nessun vincolo derivava dall’orientamento espresso dai componenti del Consiglio di Presidenza che erano stati avvertiti preliminarmente sul fatto che la decisione sarebbe stata presa autonomamente dal Presidente nell’ambito della sua responsabilità. Il fatto che i componenti del Consiglio non siano stati neppure chiamati a votare la dice lunga sul significato di quella consultazione.
La tempesta di dichiarazioni fuori e dentro l’Aula da parte degli esponenti di quei gruppi che avevano espresso un contrario orientamento non ha aiutato a leggere correttamente i fatti. Come spesso succede in questi ultimi tempi alcuni schieramenti politici assumono i toni delle tifoserie calcistiche e naturalmente rischiano di compromettere non solo la linearità dei loro atteggiamenti, ma il significato stesso dell’istituzione di cui fanno parte.
La prima contestazione fatta al Presidente è stata quella di essersi troppo immedesimato nel suo ruolo precedente dimenticando che l’attribuzione al Senato della qualifica di persona offesa dal reato non scaturiva da una ricostruzione del pubblico ministero in quel processo ma dal giudice istruttore che aveva quindi investito l’Istituzione, rappresentata da Grasso, di una doverosa risposta.
Correttamente il Presidente ha parlato quindi di dovere in quell’assunzione di responsabilità presa l’altra sera ed ha aggiunto nel comunicato scritto l’aggettivo morale. Alcuni si sono risentiti, pensando erroneamente che sarebbero stati giudicati “immorali” o “amorali” altri e diversi atteggiamenti ed allora il Presidente del Senato, nel suo intervento in aula, ha messo da parte una tale qualificazione. A me pare che quello evocato da alcuni dissenzienti sia solo un “improprio” gioco di parole perché il ricorso all’etica dei comportamenti non è affatto categoria da trascurare di questi tempi e coloro che non condividono un certo atteggiamento nel devono necessariamente sentirsi offesi o messi dall’altra parte.
Si è molto insistito da parte di coloro che non volevano la costituzione in giudizio sulla mancanza di “precedenti” . Su questo punto conviene essere chiari. I precedenti alla Camera e al Senato sono importantissimi per interpretare il regolamento ed infatti vengono costantemente evocati, al punto che esistono specifici uffici che li custodiscono.
Ma i precedenti sono tali quando i casi ai quali si riferiscono presentino delle indiscutibili affinità. Non mi pare che le vicende evocate nel giudizio davanti ai giudici di Napoli per la cd “compravendita dei senatori” possano vantare tante affinità nella storia del Senato.
Ha fatto dunque bene il Presidente Grasso ad evocare tutto questo nel suo intervento in Aula, ripetutamente interrotto, mentre cercava di precisare che in questo caso c’è stata anche una palese ammissione da parte di un ex senatore. E questo non è cosa da poco.
Infine un’ultima considerazione che riguarda le istituzioni di garanzia.
Non sarà certo un caso che nel breve volgere di pochi giorni ci troviamo di fronte ad attacchi frontali alle nostre massime istituzioni di garanzia. Prima il Presidente della Repubblica, poi la Presidente della Camera ed ora il Presidente del Senato. Certo le ragioni sono molto diverse, nei diversi casi. Le stesse forze politiche che se ne rendono protagoniste cambiano ed i motivi sono spesso inconsistenti.
Il fatto più pericoloso è costituito dal fatto che la pubblica opinione rischia di dimenticare le ragioni delle contestazioni, aldilà dei toni violenti che spesso rischiano di diventare addirittura caricaturali, ma purtroppo quella che resta è la contestazione generalizzata e l’indebolimento della funzione di garanzia.
Il rischio di questa partita è alto perché in mancanza delle istituzioni di garanzia è lo stesso edificio democratico a traballare ed una volta distrutto non basta neppure una nuova legge elettorale a ricostruirlo.