Le modifiche all'art. 117 della Costituzione proposte dalla riforma del centrodestra finiscono per creare un coacervo inestricabile di competenze, che risulta irrimediabilmente oscuro per qualunque interprete e finirà per acuire ulteriormente il contenzioso tra Stato e Regioni.
Invece di creare meccanismi di coordinamento e di collaborazione tra i diversi livelli di governo, si creano competenze esclusive ulteriori, che finiranno per stridere tra loro e con quelle già esistenti.
Ciò è evidente, in particolare nel campo dell'istruzione, ove accanto alle norme generali di competenze esclusiva dello Stato, esiste la competenza concorrente concernente l'istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale. A queste viene affiancata l'organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche; e la definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione.
Se erano sicuramente possibili miglioramenti circostanziati della riforma del Titolo V operata nel 2001, in questo modo non si fa che rimettere ulteriormente alla Corte costituzionale il reale assetto delle attribuzioni tra Stato e Regioni, per altro ignorando completamente la ricchissima giurisprudenza che dal 2001 ad oggi è andata consolidandosi.
L'ambiguità degli interventi operati con il progetto di riforma è ancora maggiore se si considera la soppressione del terzo comma dell'art. 116, come modificato dalla riforma del 2001, che introduceva la possibilità per le Regioni che ne facessero richiesta, di condizioni di maggiore autonomia in campi specifici. Questo strumento, noto come regionalismo differenziato, avrebbe ben potuto inserire nel sistema quegli elementi di dialogo tra centro e periferia e quella dose di flessibilità che invece viene mortificata dall'assoluta rigidità delle clausole proposte dal centrodestra.!