La maggioranza di centrodestra ha approvato ieri sera in via definitiva la legge delega sulla riforma dello stato giuridico dei professori universitari e sul loro reclutamento.
Si tratta di un provvedimento fortemente negativo per l'università che va respinto per cinque ragioni principali.
1) Incostituzionalità:
si calpesta l'autonomia degli atenei, stabilita in Costituzione all'art. 33, sesto comma, assegnando un potere al Ministro che non trova limiti nella legge stessa, né nei decreti legislativi che seguiranno. Si calpestano secoli di storia circoscrivendo l'autonomia delle università nel quadro degli indirizzi fissati con decreto del Ministro.
2) Mancanza di copertura finanziaria:
risulta essere totalmente priva di copertura finanziaria, scaricando in toto gli oneri sulle singole università anche a causa della frettolosa approvazione proprio nel corso della sessione finanziaria. Il Ministero acquista un ruolo preponderante ed invasivo nella gestione delle università e contemporaneamente si defila dal punto di vista del finanziamento.
3) I titoli vuoti sono inutili:
gli oneri della riforma sono aggravati da un'operazione che trasforma ope legis un'intera categoria di ricercatori, assistenti e tecnici, creando la nuova figura del professore aggregato e, contemporaneamente, prevede che, il conseguimento dell'idoneità per il passaggio da una fascia all'altra di insegnamento non sia diritto di accesso alla docenza.
4) Precarizzazione della ricerca:
si allarga a dismisura il precariato nelle università, inserendo contratti a tempo determinato che, alla loro scadenza, non possono essere rinnovati oltre i sei anni, rendendo impossibile la costruzione di programmi di ricerca strutturati e durevoli, e rendendo incerto il futuro di chi volesse intraprendere la carriera di ricercatore, proprio in un momento in cui l'innovazione è unanimemente considerato un fattore chiave per lo sviluppo del Paese. Si reintroduce un istituto antiquato e discriminatorio come gli incarichi di insegnamento gratuito.
5) Ostacoli ai giovani:
si ignorano i giovani, inserendo garanzie per l'accesso alle fasce superiori di insegnamento in base all'anzianità e non in base al merito. Allo stesso tempo sparisce il meccanismo di valutazione dei docenti. Su questo c'è stata una manovra tattica ed ambigua da parte della maggioranza: si è stralciata al Senato la parte relativa alla valutazione con la prospettiva di un suo inserimento nella legge finanziaria e proprio durante l'esame di questa ne sono state eliminate le parti riferite alla valutazione dei docenti universitari, ancore declassate a mero disegno di legge. Sempre più in basso.
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