Intervento dell'on. Roberto Zaccaria sulla pregiudiziale di costituzionalità. (Seduta del 22 novembre 2005)
Signor Presidente, desidero intervenire su alcuni profili di carattere procedurale e sostanziale che pone il decreto-legge in esame in contrasto con una serie di importanti principi della nostra Costituzione.
Infatti, oltre ad alcuni profili testè sottolineati dall'onorevole Amici, e che abbiamo già più volte richiamato, oggi occorre svolgere ulteriori riflessioni sulla recente evoluzione delle procedure di discussione e di approvazione del bilancio dello Stato e del ruolo che il Parlamento assume in questo contesto. È chiaro che è in discussione soprattutto il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione e dei principi ad esso collegati.
Nella seduta odierna, infatti, ci troviamo di fronte non solo ad un provvedimento omnibus, come troppi se ne sono visti, in questa legislatura, ma ad un decreto-legge che altera i corretti rapporti che debbono instaurarsi nell'utilizzo dei diversi strumenti della politica di bilancio. In ordine al primo punto, vorrei ricordare che l'intervento del Comitato per la legislazione è stato, in tal senso, durissimo. Nel parere espresso, infatti, il Comitato mette in guardia circa un corpo normativo privo dei minimi requisiti di coerenza ed omogeneità, descrivendo un provvedimento palesemente in contrasto con un ordinato e coerente impiego delle fonti normative e segnalando, altresì, come sia impossibile rinvenire una ratio unificante nel complesso dell'articolato. Si tratta, dunque, di una bocciatura su tutta la linea, ma ciò non turba più di tanto, poiché siamo in qualche modo abituati a queste censure del Comitato per la legislazione.
Ma sul secondo profilo è necessario approfondire l'iter che questo provvedimento ha avuto, prima al Senato ed ora alla Camera, ed il rapporto strettissimo che intercorre tra questo disegno di legge e la legge finanziaria.
Vi è stato – credo non sarà sfuggito agli «addetti ai lavori», ma non dovrebbe sfuggire neppure all'Assemblea – uno strano «balletto» nella qualificazione di collegato alla finanziaria. Partiamo dalla premessa: alla pagina 9 della relazione allegata al disegno di legge finanziaria per l'anno 2006, si precisa che il disegno di legge di conversione oggi in discussione è considerato un collegato alla finanziaria. Non è una qualificazione insignificante: da tale qualificazione discendono una serie di importanti conseguenze procedurali. In particolare, tali conseguenze si riflettono sul vaglio dell'ammissibilità delle proposte emendative. Cito l'articolo 123-bis del nostro regolamento, secondo cui gli emendamenti presentati in Commissione non solo non devono essere estranei all'oggetto del contenuto proprio del provvedimento, ma devono anche non contrastare con i criteri di introduzione di nuovi o maggiori spese o minori entrate. Quindi, vi è una regola particolare che inerisce a questi provvedimenti. Tuttavia, se si osserva la prassi, rispetto al quadro normativo descritto si riscontra una divergenza molto evidente circa la disciplina contenuta nelle fonti normative, in particolare, nella legge n. 468 del 1978 e nelle sue successive modificazioni.
Ritengo sia importante ricordare come al Senato, nonostante la premessa che ho ricordato, il decreto-legge in esame sia stato assegnato alla VI Commissione (Finanze) ed il presidente di tale Commissione abbia dichiarato che non si trattava di un collegato alla manovra finanziaria, non sottoponendolo, quindi, alla disciplina del regolamento. Quindi, si è proceduto secondo lo schema ordinario previsto per la conversione dei decreti-legge, e si ricorda la prassi estremamente permissiva che il Senato ha rispetto alla Camera. Contrariamente, poi, alla Camera, in una sorta di «gioco delle parti» – non si sa fino a quale punto casuale o concertato – il medesimo decreto-legge è stato considerato un provvedimento collegato alla legge finanziaria; lo hanno affermato il sottosegretario, onorevole Armosino, ed il presidente della V Commissione, onorevole Giancarlo Giorgetti, il 16 novembre scorso. Non è il caso di richiamare tutti i dubbi della dottrina sulla utilizzazione dei collegati alla finanziaria. Non è nemmeno il caso di richiamare la circostanza che tali collegati nel corso della sessione di bilancio avrebbero dovuto essere eliminati (legge n. 208 del 1999). Tuttavia, mi devo domandare, signor Presidente, se in questo strano «gioco delle parti», il Governo non abbia assunto un ruolo ed una regia particolare, consentendo una qualificazione del provvedimento al Senato ed una diversa, oggi, alla Camera.
Signor Presidente – mi rivolgo a lei, quale Presidente dell'Assemblea – in questo «gioco delle parti» del Governo quale ruolo giocano le Presidenze delle Assemblee? Le medesime consentono che il Governo possa, con tali escamotage, sottrarre al Parlamento una decisione legittima su questi strumenti?
Concludo, considerato che ho terminato il tempo a mia disposizione, citando ciò che è stato affermato al Senato, in maniera molto autorevole: le regole di bilancio possono risultare, a volte, di difficile comprensione, e – a giudicare dall'atteggiamento dell'Assemblea in questo momento, anche di scarso interesse -, ma hanno sempre un carattere costitutivo degli equilibri democratici del paese.!