Comunicato stampa della Corte costituzionale del 7 ottobre 2009. “La Corte costituzionale, giudicando sulle questioni di legittimità costituzionale poste con le ordinanze n. 397/08 e n. 398/08 del Tribunale di Milano e n. 9/09 del GIP del Tribunale di Roma ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 per violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione. Ha altresì dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della stessa disposizione proposte dal GIP del Tribunale di Roma”.
Intervento alla Camera dei deputati dell’On. Roberto Zaccaria nella seduta n. 32 di giovedì 10 luglio 2008. Presidente, ho spiegato ieri in discussione sulle linee generali le ragioni per le quali siamo contrari al provvedimento in esame così com’è. Non sto a ripeterle. In sintesi, abbiamo detto che è una norma sommaria, tecnicamente rozza, sostanzialmente ha il respiro corto. Voglio approfittare dell’emendamento in esame per cercare di dirvi come si poteva fare altrimenti, come si poteva operare un intervento in questa materia rispettando la Costituzione italiana. È un’operazione in tre mosse, molto semplice; lo dico perché non vorrei che qualcuno pensasse che facciamo solo delle critiche, e non abbiamo un’idea di come si poteva procedere. Lo voglio dire anche all’onorevole Pecorella, che mi pare giustamente sensibile rispetto all’impostazione della Corte.
In primo luogo, se volevate intervenire sul solo Presidente della Repubblica, quindi sull’articolo 90 della Costituzione, si poteva procedere a mio giudizio con legge ordinaria; ed è dunque giusto che la Corte non abbia a priori vietato la legge ordinaria, ma abbia detto: si può fare con legge ordinaria quando si percorrono le maglie strette del disegno costituzionale, con una norma che sia di stretta attuazione. Su tale argomento c’era stato un dubbio già in Assemblea costituente, si era lasciata questa materia alla prassi; se oggi il legislatore intervenisse con una sospensione con riferimento ai reati non indicati dall’articolo 90, questo sarebbe un intervento, a mio giudizio, possibile anche con legge ordinaria.
In secondo luogo, se volevate invece allargare l’ottica del ragionamento dal Presidente della Repubblica ad altri soggetti, allora vi diciamo con chiarezza che dovevate utilizzare la legge costituzionale, perché andavate ad incidere in maniera più forte nella struttura del disegno costituzionale. L’errore di grammatica – lo hanno detto tutti – è stato quello di includere i Presidenti di Camera e Senato, ed è un errore che vi costerà molto perché la violazione dell’articolo 3 della Costituzione e della ragionevolezza è palese: ve lo diciamo perché il nostro contributo deve essere costruttivo. Se volevate introdurre una sospensione dei processi riguardanti il Presidente del Consiglio, dunque, la strada era stretta, ma c’era, ed era quella della legge costituzionale, come si è fatto in Francia (guardate all’intervento sulla Costituzione francese: naturalmente, là si è operato in cinque anni, qui solo in cinque giorni; ma questo è un dettaglio che oggi interessa molto a noi e che forse domani interesserà anche chi deve vagliare queste cose in profondità). Perché dico che era necessaria una legge costituzionale? Perché occorreva intervenire sull’articolo 96 della Costituzione, che già disciplina i reati ministeriali e i reati funzionali del Presidente del Consiglio. Si sarebbe insomma potuta percorrere una strada stretta di natura costituzionale, includendo nella sospensione dei processi taluni reati comuni ed escludendo quelli più intollerabili ed armonizzando il tutto con l’attuale articolo 96 della Costituzione: questo sarebbe stato possibile.
Infine – ed è questa la terza considerazione che voglio svolgere – questa strada, se condivisa, sarebbe stata ovviamente di gran lunga più autorevole. Leggete in proposito quel che è accaduto in Francia: Chirac si presentò alle elezioni, dichiarò che avrebbe fatto questa scelta, e poi la fece con una legge costituzionale approvata a larga maggioranza. Sarebbe stata una strada indubbiamente più convincente. Naturalmente, mi pare già di sentire la probabile obiezione di qualcuno di voi vi è la possibilità concreta, e cioè che non vi sono i tempi perché incombe il processo di Milano (lo ha detto anche l’onorevole Tabacci). Ebbene, a questa obiezione si può rispondere che, imboccando la strada della legge ordinaria, che è inadeguata dal punto di vista costituzionale, attraverso una soluzione fortemente conflittuale, io credo vi sia la certezza che il problema non si risolverà, vi è la possibilità concreta che i giudici di nuovo sollevino la questione di costituzionalità. Se invece avessimo scelto la strada diversa della revisione costituzionale, e se avessimo votato un simile progetto anche in un solo ramo del Parlamento, credo che i giudici sarebbero stati indotti a tenere un atteggiamento profondamente diverso. Ecco come si sarebbe potuto fare. Mi pare invece che voi non abbiate alcuna intenzione di percorrere questa strada! Mi dispiace! (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).