Riproduco qui sotto la lettera di dimissioni dall'Associazione Art.21 alla quale ho partecipato fin dai primi giorni della sua costituzione. Ne ho chiesto la pubblicazione sul sito. La pubblicizzo in questa forma anche sul mio
Carissimo Federico
Scrivo a te nella qualità di Presidente di Articolo 21.
Ti dico subito che non posso nasconderti la mia profonda delusione per il modo in cui è stata impostata e poi condotta la serata di ieri sera al Quirino in ricordo di Enzo Biagi.
Questo non vuol dire naturalmente che io non abbia apprezzato l'intento, la eccellente preparazione, la ricchissima partecipazione ed alcune preziose testimonianze dei suoi amici più stretti.
Quello che mi ha deluso è stato il racconto della sua esperienza in Rai, del suo allontanamento e del suo ritorno.
Si è giustamente voluto sfumare la fase dell'editto bulgaro, lasciandola aleggiare sullo sfondo, per non fare l'ennesima riunione di contestazione politica. Si è enfatizzato e giustamente il periodo del suo ritorno e si sono raccolte sul punto fin troppo testimonianze, inevitabilmente ripetitive; si è parlato del periodo eroico del primo telegiornale e di Linea diretta e si è totalmente dimenticato però l'ultimo periodo del suo lavoro ricco e creativo in Rai, corrispondente in parte significativa con la vita del nostro Consiglio (Emiliani, Contri, Balassone e Gamaleri) e con la mia Presidenza.(1998-2002).
E' stato un periodo, a giudizio di molti, importante, caratterizzato da un clima molto diverso da quello che sarebbe seguito negli anni successivi. E' stato un periodo in cui hanno potuto lavorare liberamente molti protagonisti autorevoli dell'informazione e della satira e, accanto a loro, alcuni prestigiosi dirigenti interni. E' stato un periodo, soprattutto quello finale, di violentissime contestazioni esterne e di altrettante vigorose difese. E' stato il periodo nel quale il Polo, arrivato al potere, ha cercato con ogni mezzo di cacciare i vertici RAI che avevano difeso Luttazzi, Santoro, Celentano e soprattutto Biagi. Questa fase è iniziata nella primavera del 2001 quando Celli ha lasciato l'azienda ed io sono rimasto, con il Consiglio, l'inevitabile punto di riferimento ed è durata fino al febbraio del 2002, quando il nostro mandato è terminato. L'editto Bulgaro è arrivato qualche settimana più tardi ed ha potuto essere eseguito perché non c'eravamo più noi.
Sono tanti dentro la Rai e soprattutto fuori della Rai che ricordano quei giorni.
Quel ricordo, importante credo anche nella vita di Biagi, non ha trovato alcun riscontro ieri sera.
In un solo momento per la verità ci sarebbe stato lo spazio per descrivere quel clima ed è quando è stata messa in onda l'intervista di Biagi a Montanelli, l'ultima intervista a Montanelli. Ricordo molto bene le ore che hanno preceduto quella trasmissione. Ricordo le perplessità della Rete e i rilievi dell'Ufficio legale, per preoccupazioni legate alla legge sulla par condicio. Ricordo bene che pretesi la messa in onda sostenendo che un'impresa editoriale non poteva permettersi di censurare Biagi e Montanelli insieme. E l'intervista passò.
Quello poteva essere forse lo spunto per un accenno al clima di allora, ma anche quell'accenno è mancato.
Più tardi, ieri sera, nel programma Primo piano del TG3 la mia delusione è ulteriormente cresciuta quando ho sentito Loris Mazzetti accennare, a proposito dell'intervista di Montanelli, ad una richiesta di tagli provenienti dai vertici aziendali. A quali vertici intendeva riferirsi Mazzetti con quella generica espressione, visto che io ero il Presidente e non ho certo richiesto tagli, ma ho preteso al contrario la messa in onda del programma?
Se i vertici ai quali alludeva fossero stati altri, come credo, avrebbe fatto bene, come cronista, a dirlo in maniera più esplicita.
Non voglio proseguire oltre. Non credo sia giusto pensare al alcun genere di malizia, ma non credo neppure che si possa accreditare la tesi che Biagi in quel periodo non sia stato energicamente tutelato dalla RAI e dai suoi vertici. Questo si che sarebbe un clamoroso falso storico!
Ieri sera, in un'occasione importante, con la presenza in sala di tutto quel mondo della RAI, l'omissione su tutto quel periodo c'è stata ed è stata vistosa e non credo che sia giustificabile per chi si richiama costantemente ai principi dell'art.21 della Costituzione
E' questa la ragione, Caro Federico, per la quale con profonda amarezza, dopo averci a lungo pensato, questa notte e in parte questa mattina che ti comunico le mie irrevocabili dimissioni dall'Associazione Art.21.
Quello che non posso in alcun caso tollerare, per la mia dignità personale, per l'impegno con il quale ho lavorato in quegli anni, è che chi ha vissuto più a lungo vicino a me possa aver dimenticato pagine così importanti.
Avrei voluto dire queste cose prima della trasmissione, ma mi sarebbe parso improprio. Si sarebbe potuto pensare ad un modo per intromettermi, per condizionare. Ma ora è doveroso dire qualcosa. Non volevo essere io a parlare di me stesso. Sarebbe bastato che qualcun altro avesse fatto, non dico tanto, ma almeno un po' di cronaca di quei giorni.
Ora ti chiedo soltanto di pubblicare sul sito dell'Associazione questa mia lettera.
Un abbraccio. Con stima
Roberto Zaccaria
!