QUESTIONE PREGIUDIZIALE – AC 5827 (10/05/2005)
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 trasmesso dal Senato contiene una serie di materie profondamente eterogenee rispetto al nucleo originario riguardante il rilancio della competitività; ai sedici articoli iniziali sono stati aggiunti ben venti articoli e numerose disposizioni prive di unicità di contenuto, quali ad esempio la riforma del codice di procedura civile, le disposizioni in tema di scioglimento degli effetti civili del matrimonio, le norme in materia di semplificazione amministrativa (peraltro già contenute nel disegno di legge n. 5736 in corso d’esame in Commissione alla Camera e nel disegno di legge di semplificazione per il 2005 in Aula al Senato). Tale intervento normativo è da ritenersi in contrasto palese con un corretto utilizzo delle fonti e in violazione dell’articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, come ha rilevato il Comitato per la legislazione in uno dei pareri più critici tra quelli formulati in questa legislatura;
il testo del disegno di legge, come risulta dalle modifiche apportate dal Senato, è privo dei presupposti di necessità e urgenza, come dimostrano le due nuove deleghe contenute nell’articolo 1 del disegno di legge di conversione e le numerose disposizioni aventi carattere ordinamentale, richiamate dal parere del citato Comitato. Tali disposizioni non giustificano l’urgenza e le limitazioni del dibattito che caratterizzano questo disegno di legge di conversione e si pongono in contraddizione con l’articolo 77 della Costituzione e in seconda battuta con l’articolo 15, comma 2, della legge 400 del 1988, ritenuta alla base dell’«ordinato impiego della decretazione d’urgenza e quindi da osservare rigorosamente», come ha sottolineato il Presidente della Repubblica nel rinvio del disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 gennaio 2002, n. 4;
le stessa deleghe previste risultano assai complesse ed eccessivamente ampie e sprovviste dei requisiti stringenti di cui all’articolo 76 della Costituzione; il loro inserimento nel disegno di legge di conversione limita l’intervento parlamentare che pure dovrebbe essere assicurato dall’articolo 72 della Costituzione, che istituisce la riserva di assemblea per la delegazione legislativa;
la combinazione dell’uso contemporaneo del decreto-legge, dei maxiemendamenti e della fiducia nei due rami del Parlamento espropria il Parlamento della funzione legislativa su materie di rilevantissimo interesse. Lo strumento del maxiemendamento, inoltre, contribuisce a rendere difficile l’esame del testo normativo (articolo 1 del disegno di legge di conversione), e si pone in controtendenza con i richiami del Presidente della Repubblica finalizzati a sollecitare delle modalità redazionali più conformi con l’articolo 72, primo comma, della Costituzione, secondo cui ogni legge deve essere approvata «articolo per articolo» e con votazione finale (messaggio di rinvio alle Camere del disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario). Il cortocircuito istituzionale che si determina attraverso l’ingerenza governativa sulla decretazione di urgenza, il blocco di ogni possibile iniziativa parlamentare per effetto di reiterate fiducie mette in discussione lo stesso principio democratico nella formazione delle leggi così come disciplinato dall’articolo 70 della Costituzione, secondo cui la «funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere»,
delibera
di non procedere ulteriormente nell’esame del provvedimento.
n. 1. Zaccaria, Boato, Boccia, Sgobio.