Guai a piegare la stesura dello Statuto del Pd all'attualità politica.
Nell'intervista pubblicata ieri sul Corriere della sera, Gregorio Gitti alimenta una polemica sul nulla accusando di correntismo i Democratici, davvero e travisa il senso del nostro emendamento – condiviso anche da altri autorevoli componenti del comitato di redazione – che vuole togliere dallo Statuto l'automatica identificazione tra il segretario del partito e il candidato premier.
Nessuno, e tanto meno Rosy Bindi, mette in discussione il ruolo del segretario Veltroni e la sua naturale candidatura a premier. Ma nello Statuto che si sta scrivendo e che deve durare a lungo, come vogliamo che duri a lungo il PD, il candidato premier può essere anche il frutto di un accordo di coalizione. La sua designazione è dunque il risultato di una scelta politica e non di una norma statutaria di uno dei partiti della coalizione. A dimostrazione della coerenza complessiva del nostro Statuto, non è neppure previsto alcun automatismo del genere nei livelli comunali e regionali. Ed inoltre, che si tratti di una scelta affidata alla politica e non alle regole di vita interna di un partito è confermato anche dal fatto che abbiamo già scartato l'automatismo al contrario contenuto nell'emendamento in cui si prevedevano le dimissioni del segretario in caso di sconfitta.
La nostra posizione risponde ad un'idea di partito che è stata al centro del programma della lista nella quale Gitti si è candidato, forzarne l'interpretazione alla luce degli eventi di queste ore, è un'evidente furbizia che crea confusione e alimenta strumentalmente divisioni che noi non vogliamo e non cerchiamo.
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